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Inarrestabile l'emorragia demografica in Puglia. Lucera tra 19 anni meno di 24 mila

Non si ferma l'emorragia della popolazione pugliese. Alcuni giorni fa in un editoriale sulle proiezioni delle prossime elezioni amministrative e regionali Il Frizzo esordiva mettendo inn risalto l'impietoso dato ultimo che ha fatto registrare un numero di residenti pari a 30.711 unità (e, in questi, rientrano anche coloro che vivono altrove pur conservando anagraficamente il luogo della dimora a Lucera). La "politica", rigorosamente con nl'iniziale minuscola e, nonostante tutto, non è dato di sapere se ancora la si può chiamare con quel termine, appare più come una giostra che compie perpetuamente lo stesso giro e non come chi si impegna con fatica e sudore alla ricerca di terapie che possano in qualche modo alleviare le patologie che hanno colpito nostri territori. Insomma una "politica" di routine se non scontata e poco originale.

Sta di fatto che Lucera dal 2001 ad oggi è passata da circa 36 mila abitanti a quelli sopra menzionati.

Un dato e un andamento che investe tutta la Puglia e che, stando all'ultimo rapporto della Fondazione IPRES e dell'ISTAT (in collaborazione con l'Ufficio Satistico della regione Puglia) non lascia presagire nulla di buono per i prossimi 19 anni.

Si tratta di una articolata analisi delle previsioni demografiche per i comuni della Puglia in cui sono riportate le proiezioni che partono dallo stato attuale per fermarsi all'anno 2043, quando la città di Lucera si ritroverà con una copiosa perdita demografica facendola passare dai circa 31 mila di oggi agli oltre 23 miall di quell'anno. E quel che più emerge è il fattore che si concentra sulle fasce di età.

Nel rapporto di cui parliamo – chiamata "Nota tecnica n. 9/2024" –, pubblicato l'11 novembre scorso e disponibile cliccando su questo link, sono stati resi pubblici i dati relativi appunto alle previsioni demografiche al 2043 dei comuni che superano i 5 mila abitanti, ma solo su 257 comuni della Puglia, lasdciando fuori dalla ricerca 88 comuni che non superano quella quota. Previsioni che hanno tenuto conto delle classi quinquennali e del genere per quei 257 comuni e fino al 2043.

Evidenzieremo in questa sede alcuni aspetti dello studio, lasciando al lettore la possibilità di scaricare e consultare le 30 pagine messe a disposizione da IPRES.

Nel paragrafo relativo alla dinamica demografica in Puglia dal 2003 al 2043 viene evidenziato innanzitutto che «dopo una lunga fase di crescita della popolazione in Puglia, nel periodo 2012-2013 inizia il declino che sembra inarrestabile nel decennio successivo. Le proiezioni della popolazione nel prossimo ventennio evidenziano una accelerazione della contrazione della popolazione, una situazione mai incontrata nell’ultimo secolo se non negli anni delle due guerre mondiali. Dopo aver raggiunto il picco di circa 4,1 milioni di abitanti a cavallo tra il 2012 e il 2013, già un decennio dopo la popolazione si è ridotta di circa 183.000 unità (-4,5%). Nei prossimi due decenni tale flessione accelera, al 2033 di circa 209.000 abitanti rispetto al 2023 (-5,3%), nel 2043 circa 261.000 unità rispetto al 2033 (7,1%) e circa 470.000 rispetto al 2023 (-12%). Valori importanti se si considera che nel ventennio 2003-2023 la contrazione della popolazione è risultata del 2,9%».

Un declino della popolazione che «si associa ad una grande trasformazione della struttura per classi di età, con un incremento significativo delle classi più anziane e una contrazione delle forze di lavoro e delle classi di età più giovani».

Questo perché «Infatti, per le classi di età inferiori ai 39 anni, la Puglia ha registrato nello scorso ventennio delle flessioni pari al 23-30% e tendenze simili si registreranno nei prossimi due decenni, con una contrazione di circa 384.000 unità, passando dal 39,3% del 2023, al 38,6% già nel 2025, al 33,6% nel 2043 sul totale della popolazione. Una punta negativa riguarda i 15-24enni che si ridurranno di circa 128.000 unità nel ventennio (-31,7%) e nel 2043 risulteranno pari ad appena il 40% degli over 74enni. Tra i 40 e 64 anni la popolazione pugliese ha registrato variazioni positive di circa il 16,4% nei due decenni passati, mentre le proiezioni rilevano una contrazione di circa il 25% per il prossimo ventennio. La popolazione della fascia di età over 64 cresce sia nel ventennio scorso che in quello prossimo. Una crescita sostenuta riguarda in modo particolare la fascia di età da 75 anni in su che passa da circa 461.000 unità del 2023 (11,8% della popolazione totale) a 484.000 già nel 2025 (12,5% del totale), a 658.000 nel 2043 (19,2% del totale, con un aumento di circa 200.000 unità nel ventennio 2023-2043)».

Per quanto concerne la classificazione per aree interne, l'eleborazione IPRES mette in risalto che «l’unica area a registrare nello scorso decennio un incremento è il polo intercomunale ma che nei», solo che nei prossimi 20 anni perderà il 9% della sua popolazione.

Quanmto al grado di urbanizzazione, «sono i comuni della zona rurale quelli che sia in passato che nel prossimo futuro fanno registrare le maggiori flessioni» e che «tuttavia, il maggiore differenziale tra i due periodi osservati si rileva nelle città».

In ogni modo per i prossimi 20 anni avremo un calo della popolazione in tutte le classi di età infantili, giovanili e adulte. Nello specifico «la maggiore flessione relativa si osserva nei 15-24enni (-31,7%) anche se in valore assoluto il maggiore differenziale si rileva per i 40-64enni (ed un delta negativo di -24,7%). A partire dai 65 anni in su, la curva della popolazione al 2043 supera le consistenze attuali: in particolare i giovani anziani (65-74 anni) cresceranno del 17,6%, gli anziani (75.84 anni) di circa un terzo e gli over 85 anni faranno registrare un incremento del 41,5%».

Un elemento molto importante è quello dei nuovi nati e delle donne in età feconda.

«Nel nostro Paese – fa rilevare l'ISTAT – le nascite sono sempre meno: i numeri sono in discesa dal 2008, nel 2023 si è registrato un nuovo record in termini di bassa natalità e i primi tre mesi del 2024, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnano un calo di quasi 2 punti percentuali. Dal 2008 il calo è stato di 197mila unità (-34,2%). Il numero medio di figli per donna nel 2023 è pari a 1,20, molto vicino al minimo storico di 1,19 figli registrato nel lontano 1995 (mentre occorrerebbero 2,1 figli per donna per assicurare la stabilità a una popolazione). Per altro verso, la componente anziana fra qualche anno incorporerà i nati negli anni Sessanta dello scorso secolo, ovvero, quelli del baby boom. Questo determinerà famiglie sempre più piccole, reti di sostegno familiari meno solide, con prevedibili conseguenze economiche e sociali. Una popolazione ridotta e più anziana vuol dire infatti anche una contrazione della forza lavoro, con inevitabili ripercussioni sul PIL. Solo per l’effetto demografico l’Italia rischia di perdere nell’arco di vent’anni 300 miliardi di euro rispetto a oggi (Blangiardo, 2024)».

Per compensare, allora, il calo demografico in età lavorativa, lo studio di IPRES suggerisce una ipotesi di «un consistente afflusso di manodopera di immigrati ogni anno, con potenziali ripercussioni sul processo di integrazione». Ma oltre all'immigrazione sono altre le componenti da prendere in cvonsiderazione quali: l'incremento del tasso di occupazione delle donne e dei giovani, l'allungamento della vita lavorativa e l'aumento significativo della produttività. Senza dimenticare la ripresa della natalità con i suoi effetti nel medio-lungo periodo. Un dato che però richiede da subito un'inversione di tendenza.

In quest'ottica vanno osservate, secondo il rapporto ISTAT, le dinamiche della componente femminile in età feconda: 15-49 anni. L'abbassamento demografico di tale componente influenza in modo strutturale la dinamica della natalità. La Puglia, nei prossimi 2 decenni potrebbe perdere, secondo le previsioni, circa 215 mila donne tra i 15 e i 49 anni.

Una radiografia, questo rapporto, che richiede dei medici più che preparati affinché possa essere letta ed interpretata e, in fin dei conti, per sapere soprattutto come intervenire perché il paziente non peggiori sempre più.

Roberto Notarangelo

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