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Savoia: «Era il mese di luglio…». Abate: «Erano 220 mila euro!». Finanziamento perso?

Durante il Consiglio Comunale dello scorso 20 marzo è intervenuto nella fase delle interrogazioni anche il consigliere di opposizione Fabrizio Abate, il quale ha sollevato un'interrogazione sul bando relativo a uno dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che si trova in Piazza San Giacomo, corrispondente alla delibera di Giunta n. 17 del 10 febbraio di quest'anno. Abate si è detto confortato dal fatto che era presente anche l'ing. Pietro Savoia, infatti quell'argomento riguardava principalmente la sua figura professionale.

L'ANTEFATTO

In data 22 aprile del 2022 il Comune di Lucera partecipò a un bando di gara per la ristrutturazione di uno dei beni confiscati alla mafia, quello appunto che si trova in Piazza San Giacomo, e in particolare per una valorizzazione per l'importo di 220.000 euro. Con lettera raccomandata del 21/07/2022 rispose l'Agenzia per la Coesione Territoriale, soggetto che avrebbe dovuto erogare il finanziamento, e disse al Comune che entro sette giorni, termine perentorio, avrebbe dovuto fornirle una serie di documenti. L'ing. Savoia però rispose con sei giorni di ritardo e cioè in data 3 agosto allegando la documentazione richiesta. Dato che c'era stato il ritardo nella risposta, l'Agenzia disse dunque che quel finanziamento sarebbe stato escluso dalla serie dei progetti finanziabili, infatti tra le motivazioni c'era quella che l'Ente non aveva fornito i chiarimenti richiesti entro il termine perentorio fissato dal RUP, così il dirigente fece una nota nella quale chiedeva che in autotutela venisse rivisto il provvedimento. Quest'ultimo ovviamente non fu poi rivisto, quindi il dirigente con una relazione suggerì di fare ricorso innanzi al TAR e addirittura, cosa che ha meravigliato Abate perché non frequente, indicò anche il potenziale avvocato a cui si sarebbe dovuto affidare l'incarico, l'avv. Michele Dionigi.

ABATE: «A PARTE CHE L'AVVOCATO LO ABBIAMO GIÀ…»

«Ora – ha continuato il consigliere – sappiamo tutti di avere già un avvocato che si occupa del diritto amministrativo, quindi non capisco perché l'ing. Savoia abbia fatto questa precisazione per poter affidare l'incarico a un'altra persona pagandola a parte ovviamente coi fondi del nostro Ente». Per fortuna comunque quella proposta non era passata ed era stato affidato l'incarico all'avv. Ignazio Lagrotta, il quale ha fatto presente che la valutazione con tutti i dati forniti dall'ingegnere scontava la mancata lettura dei documenti a supporto delle ragioni vantate, che non risultavano fino a quel momento essergli state inviate; Lagrotta invitava altresì a considerare che i termini per proporre il ricorso innanzi al TAR scadevano il 17 febbraio (il riscontro era invece del 5 febbraio) e che si invitava pertanto gli uffici competenti a fornirgli la documentazione; quindi l'avvocato faceva presente che la causa da introdurre non si presentava di facile soluzione ma allo stesso tempo che qualora la documentazione avesse dovuto confermare quanto esposto dalla relazione si poteva ritenere che vi fossero margini per ottenere un esito favorevole.

Alla luce di tutto ciò il consigliere ha chiesto all'assessore al Contenzioso, all'Ambiente e al Verde pubblico Claudio Venditti di spiegargli perché non fosse stato rispettato il termine perentorio per avere i 220.000 euro rispondendo con sei giorni di ritardo: «Poi possiamo fare tutti i ricorsi al TAR possibili e immaginabili, ma se aveste risposto nei termini non ci sarebbe stato questo problema». Abate ha in seguito domandato se ci si fosse poi andati a costituire al TAR entro il 17 febbraio e se fosse già stata fissata una data per discutere la causa: «Se perdiamo, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità politica e non solo della perdita del finanziamento». Infine il consigliere del PD ha chiesto perché ad oggi ancora non si sia provveduto a fare un bando per assegnare alle cooperative sociali l'affidamento dei beni confiscati alla criminalità organizzata: «Chi stiamo aspettando? Perché non si rimette la tabella che è stata divelta al suo posto, nel punto in cui c'è un bene confiscato? Si dovrebbe quantomeno ricollocare quella tabella».

Abate si è dunque interrogato sul concetto di termine perentorio, che però a dire di Venditti è stato definito tale dalla legge e non dall'autorità, tant'è vero che la relazione sottoposta dall'ing. Savoia presuppone che i termini perentori sono previsti dall'art. 87 comma 6 del Codice dei contratti pubblici. Nel caso in questione tuttavia, dato che si trattava di finanziamenti e non di contratti non si poteva procedere col termine perentorio ed esisteva il cosiddetto concetto di soccorso istruttorio, per cui l'agenzia poteva tranquillamente riaprire i termini e chiedere i documenti mancanti. In ogni caso a dire dell'assessore è stata sottoposta a Lagrotta tutta la documentazione da lui richiesta, nella quale tra l'altro il legale ha notato che ciò che veniva chiesto e per cui erano stati esclusi era già stato inoltrato, per cui nell'istruttoria non si sono resi conto che mancavano agli atti quei documenti per i quali li avevano esclusi. Quanto al ricorso Venditti ha reso noto che esso ovviamente era stato proposto (dato che si trattava di PNRR, a occuparsene sarebbe dovuto essere il TAR Lazio), ma l'udienza non era stata ancora fissata: «Ovviamente l'avvocato del Comune ci avviserà quando sarà fissata e quale sarà l'esito, ma al 50% se non di più le possibilità di vittoria ci sono, perché è macroscopicamente evidente che c'è stata un'esclusione del tutto infondata, fermo restando la responsabilità dei sei giorni di ritardo, anche se la giurisprudenza in questi casi non parla di errore bensì di mera irregolarità». Per quanto riguarda invece la targa relativa ai beni confiscati alla mafia e le eventuali assegnazioni degli stessi, l'assessore ha invitato Abate a recarsi al Protocollo: «Tante volte è stato detto al dirigente del Patrimonio di procedere in tal senso».

Il consigliere di opposizione ha detto dunque di augurarsi che fosse come aveva riferito Venditti, tuttavia «non mi pare che tutte le carte stessero esattamente a posto come lei ha detto, ma mi auguro di sbagliare». Fermo restando comunque quanto comunicato dall'assessore, Abate ha insistito nel chiedere spiegazioni circa il fatto che non era stato rispettato il termine di sette giorni seppure esso non si potesse considerare perentorio. «Rispondo io a questa domanda – è intervenuto Savoia, il quale ha fornito una giustificazione sorprendente –: purtroppo in quei giorni avevo metà ufficio Lavori Pubblici e Opere Pubbliche in ferie e l'altra metà col Covid; in più avevo un finanziamento nell'ambito del quale si doveva iniziare ad affidare i lavori entro il 31 luglio; inoltre in quei giorni anche se guardavo la posta a giorni alterni non ho fatto in tempo a controllarla tutta e purtroppo è passato tempo; tra l'altro il collaboratore dell'Ufficio Patrimonio non mi ha avvisato dell'arrivo di questa nota pur avendola ricevuta».

Dopo aver sentito queste giustificazioni il consigliere ha fatto allora notare al dirigente che «le ferie le concede lei, non io», ma l'altro continuava a fornire giustificazioni alquanto paradossali: «Però era il mese di luglio», a cui faceva eco la controreplica piccata dell'interrogante: «Però erano 220.000 euro, ingegnere», ha risposto ancora Abate riuscendo a non perdere la pazienza.

A chiudere l'ultima scena dell'ultimo atto del dramma "I beni confiscati e il finanziamento perso" è stato l'assessore Venditti con un'ulteriore pezza spiegando che l'esclusione si fondava sulla carenza di documenti.

Insomma, una tragedia andata in scena… a teatro. Il Giuseppe Garibaldi di Lucera.

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