LUCERA – La rassegna teatrale estiva lucerina “Estate | Muse | Stelle”, curata dall’attore Fabrizio Gifuni e già da qualche anno appuntamento fisso per coloro che amano questa forma d’arte, si è aperta quest’anno con uno spettacolo molto particolare frutto dell’idea di due personalità altrettanto singolari e ormai veterane del mestiere, Flavia Mastrella e Antonio Rezza, in arte Rezzamastrella, insigniti del Leone d’Oro alla carriera. Nella serata di ieri l’opera “Fratto_X” ha trasportato il numeroso pubblico presente, complice anche la meravigliosa cornice dell’anfiteatro augusteo, in una dimensione quasi, anzi fin troppo beckettiana.
La storia, se tale si può definire, altro non è, in realtà, che una successione di scene l’una derivante dall’altra. Tutto parte da un oggetto telecomandato, al quale in seguito i personaggi conferiranno un’anima, che dà avvio all’azione drammatica girando in cerchio, per poi essere fermato nella sua spensieratezza. Entra quindi in scena un personaggio urlante, che si fa chiamare Mario, il quale subito si allontana continuando però a far udire l’eco della propria voce che ripete in maniera ossessiva il suo nome. La scena cambia: un taxi, perso da qualcuno, ospita due passeggeri, Rocco e Rita, che sembrano inizialmente fare il verso l’uno dell’altro per poi confondersi e confondere intenzionalmente lo spettatore sull’effettiva identità dell’uno e dell’altra, a riprova che un nome non definisce la persona. “Uno, nessuno e centomila”, insomma, drammatizzato.
Altro cambio repentino di scena. Compare un personaggio da sempre vittima dell’ansia, vista qui come errore piuttosto che come status connaturato all’individuo in questione, per via del rapporto controverso con la madre: argomento attualissimo anche questo, al quale è legato quello seguente delle due entità di Forma e Demenza, che, come si dimostra, viaggiano costantemente insieme. Agli uccelli migratori che volano spensierati sulle teste di due uomini, tuttavia, non interessano le beghe e i problemi terrestri.
Ennesimo cambio. Due figure per una sola voce. Se prima era l’aspetto a determinare l’apparente differenziazione tra due personaggi, adesso è il timbro a consentire l’equivoco tipico del teatro, infatti la voce dell’uno fa parlare l’altro, che a sua volta muove passivamente la bocca solo per mimesi uditiva, cosicché il primo finisce per litigare con sé stesso. Gli effetti stranianti non mancano, dunque, così come abbondano i momenti in cui l’attore parla con lo spettatore rompendo la barriera esistente tra i due e coinvolgendolo, trasportandolo all’interno dell’azione scenica. Vi sono numerosi esempi illustri di ciò nella storia del teatro.
Dissacranti sono invece altre scene, come quella che vede Rita da Cascia monologare sulla provenienza sua e del suo nome dimostrando che ciò che la riguarda è frutto del caso e non certo del nobile sentimento religioso. Allo stesso modo, il telo sindonico trae la propria origine dall’attribuzione datagli.
A chiarire il senso sotteso a “Fratto_X” è stato lo stesso suo ideatore, che qualche tempo fa ha così descritto l’opera: «La manipolazione è alla base di un corretto stile di vita. Per l’ennesima volta si cambia forma attraverso la violenza espressiva. Mai come in questo caso o, per meglio dire, ancora come in questo caso, l’odio verso la mistificazione del teatro, del cinema, della letteratura, è implacabile».
(Immagini dalla pagina Facebook Anfiteatro 2024 Lucera)
Greta Notarangelo