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L'ingratitudine. Il caso dimissioni di Fabrizio Gifuni secondo Adelia Mazzeo

Non c'è nulla di più deprecabile dell'ingratitudine.

L'ingratitudine è spesso frutto dell'ignoranza e della presunzione.

Ho conosciuto l'ingratitudine, poca, in verità, nella mia vita professionale: cancellare ad esempio tutto il bene ricevuto, tanto, per un voto non attribuito o, peggio, semplicemente non condiviso. Con un colpo di spugna. Me ne sono fatta una ragione.

Questa è l'ingratitudine nella sfera del privato. Quando l'ingratitudine si manifesta in ambito pubblico, però, fa più danni, o meglio, danneggia più persone, costrette, loro malgrado, a subirne le conseguenze, oltre che a provare una sincera mortificazione.

È quello che è accaduto qui a Lucera in seguito alla lettera inviata da Fabrizio Gifuni all'Amministrazione comunale: "…è arrivato purtroppo il momento di mettere un punto, dolorosamente finale, alla collaborazione che io e Natalia Di Iorio abbiamo offerto, con entusiasmo e non poca fatica, a questa come alla precedente Amministrazione comunale di Lucera e a Puglia Culture, mettendo a disposizione della città e della Regione, per otto anni consecutivi, a titolo completamente gratuito, le nostre competenze e la nostra professionalità attraverso la programmazione teatrale fatta al Teatro Garibaldi e all'Anfiteatro Augusteo di Lucera, dal 2017 in avanti, con il progetto denominato PrimaVera al Garibaldi". Aggiunge quindi di aver dovuto prendere, con rammarico, questa decisione "…essendo venute meno anche le ultime condizioni minime – organizzative e di rispetto – per poter proseguire questo lavoro".

Allora, quanto alle condizioni organizzative, non intendo entrare in merito: non ne ho la facoltà, forse neppure il diritto, sebbene una maggiore condivisione nelle scelte e nelle decisioni sia auspicabile. Ciò che mi ferisce maggiormente è la mancanza di rispetto. Il rispetto si deve a tutti, ancor più di buon grado ad un distinto signore dalla sobria eleganza, dall'innegabile umiltà, qualità dei "grandi", che si aggira, quando può, per le vie del centro storico di Lucera, ricambiando il sorriso di chi lo incontra e ne va fiero, perché lo sente un po' suo. Un raffinato signore che ha antica memoria e grande cuore, e non dimentica le sue origini, e non le snobba, come fanno tanti, ma al contrario pone a disposizione della sua terra il proprio ricco bagaglio culturale e artistico, e lo fa con gioia.

È questo il mio grande rammarico, l'ingratitudine, al di là della perdita incommensurabile di rappresentazioni di livello, che arricchiscono, che fanno la differenza, di cui in questi anni la cittadinanza ha potuto godere.

La Lucera città della cultura così tanto enfatizzata, affiancata a tale gravissima rinuncia, è un ossimoro. Quali ne siano le ragioni, è una scelta dissennata, inaccettabile. Nulla di personale, per carità: mai strumentalizzata, né tantomeno strumentalizzabile. Questo è oggettivamente un passo falso dell'odierna Amministrazione e lo sarebbe stato per qualsiasi altra.

Sacrificare la qualità per la quantità alla fine non ha mai reso. Panem et circenses, corsi e ricorsi storici. E mentre i soliti clientes si aggirano affaccendati per le strade della città, accontentandosi della loro sportula, la città inconsapevole va incontro al suo declino, tra lo scoppio di fuochi d'artificio a festeggiare il nulla.

Preferisco tenere vivo nella memoria l'inchino a fine spettacolo di Fabrizio Gifuni, con la mano sul cuore, sotto uno stellato cielo estivo. Stella tra le stelle.

Non gli chiedo di ripensarci, io non lo farei. Gli chiedo solo scusa, ringraziandolo infinitamente.

Adelia Mazzeo

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