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Giambattista Gifuni bibliotecario della civica "Ruggiero Bonghi"

Si è tenuta a partire dalle ore 19.00 dello scorso 4 dicembre all’interno del Salone di Rappresentanza del Circolo Unione di Lucera, nell’ambito dell’iniziativa “Percorsi culturali CIRCOL…ari”, la presentazione dell'ultima pubblicazione di Giuseppe Trincucci, membro della Società di Storia Patria per la Puglia, “Giambattista Gifuni, bibliotecario della civica Ruggiero Bonghi di Lucera”. Sono intervenuti nel corso dell’evento, oltre ovviamente all’autore, il sindaco Giuseppe Pitta, Waldemaro Morgese, già Presidente Sezione di Puglia dell’Associazione Italiana Biblioteche, e la bibliotecaria Natia Merlino.

A seguito dei consueti saluti del Presidente del Circolo Silvio Di Pasqua, Trincucci ha innanzitutto presentato brevemente gli ospiti e le relative biografie e i loro curricula, quindi lo stesso autore ha ricordato la proposta di legge che prevedeva la trasformazione della biblioteca comunale di Lucera in biblioteca statale: «Chi la presentò fu il nostro concittadino Lello Di Gioia, ma sicuramente ci fu l’input di una persona che era molto legata alla nostra biblioteca, il figlio di Giambattista Gifuni, il quale avvertì che essa dovesse avere una sorte migliore». Tuttavia, come ha continuato a dire Trincucci, la storia recente della biblioteca di Lucera non è delle migliori per via della mancanza di un direttore e dell’aggiornamento dei volumi, ragion per cui «non ha senso tenere una biblioteca aperta in queste condizioni». A suo dire, insomma, la città chiederebbe una maggiore attenzione ai problemi della biblioteca, che attualmente mancherebbe di un organico efficiente: «Molti abbonamenti infatti si sono persi e di conseguenza non si è più garantita la continuità che c’era negli anni precedenti». Intanto, rispetto alle criticità sollevate da Trincucci va fatto rilevare che a quanto pare gli uffici preposti e quindi la tecnostruttura del Comune di Lucera avrebbero avuto la possibilità di accedere a una manifestazione d’interesse per usufruire di un finanziamento di ben 10.000 euro (sia questo che lo scorso anno, dunque in totale di 20.000 euro) finalizzato all’acquisto di testi rigorosamente presso librerie locali. Sarebbe bastato un semplice click in forma digitale perché ciò avvenisse, ma non è accaduto per ben due volte, così gli aggiornamenti dei fondi della biblioteca possono attendere… Per quanti “click” mancati ancora? Intanto in quegli stessi uffici magari pensano più a premi di produzione che alle azioni improduttive.

Merlino ha invece esordito sottolineando che Gifuni dedico alla biblioteca lucerina tutta la vita, quindi ha definito il libello di Trincucci un epistolario bio-bibliografico, ringraziando allo stesso tempo l’autore per averle dato la possibilità di conoscere meglio la figura di Gifuni, il quale avrebbe avuto il merito di creare una biblioteca innovativa, «vivacemente in movimento», infatti, come ha sottolineato la stessa Merlino, «non basta imparare, ma occorre sapere come farlo o, meglio, bisogna saper gestire le informazioni». Dunque in un certo momento storico-culturale «si è usciti fuori dalle biblioteche in quanto queste sono entrate in case e uffici, a seguito della promozione della lettura nelle attività quotidiane, affiancate da altri mezzi e supporti tecnologici». In particolar modo tra gli anni ’60 e ’70, come ha sottolineato Merlino, ci fu maggiore attenzione alle biblioteche, e «nonostante l’avvento di Internet, bisogna comunque continuare a investire in questi luoghi di cultura, perché non tutte le informazioni sono reperibili sul web».

Secondo Pitta l’intervento della bibliotecaria, nel corso del quale la stessa aveva sostenuto che molte biblioteche purtroppo sono chiuse, era la prova che a volte non ci sono gli strumenti necessari per poter andare incontro a delle necessità oggettive: «Io dico che se sono chiuse è perché non hanno la possibilità di sostenere l’attività culturale con del personale formato da poter mettere a disposizione». In seguito il sindaco ha spiegato che come amministrazione hanno puntato l’attenzione sulla biblioteca comunale in primis con un impianto di climatizzazione che possa preservare i libri e al contempo che possa permetterle di essere al passo con le necessità odierne in modo tale da renderla oggetto di fruizione soprattutto da parte degli studenti universitari, che la frequenterebbero abitualmente. Tuttavia «questo non basta», infatti «non abbiamo la figura del bibliotecario e neanche possiamo permettercela», dunque «chi gestisce la parte legislativa a sostegno dei Comuni dovrebbe mettere nelle condizioni di valorizzare chi ha le risorse, così la provocazione di chiudere quella di Lucera viene fatta per sottolineare il disagio vissuto, quindi accolgo le critiche costruttive perché servono a trovare le soluzioni».

Morgese ha voluto dire qualcosa circa il libello di Trincucci. A suo dire emergono alcune figure che hanno fatto la storia della biblioteconomia in Puglia, in primis ovviamente Gifuni e in secondo luogo Francesco Barberi, che fu per alcuni anni Soprintendente bibliografico delle biblioteche di Puglia e Lucania e che a seguito di tale intensa attività andò anche a dirigere l’importantissima Biblioteca Angelica di Roma. Un altro personaggio di rilievo citato nel libro è Arturo Marcone, padre del noto Francesco, che ebbe un ruolo importante nella storia della Biblioteca Provinciale di Foggia. La quarta figura importantissima, seppur poco conosciuta, e meritoriamente messa in evidenza nel libello è quella di Beniamino D’Amato, che svolse attività politica nel Partito d’azione e sostituì alla Soprintendenza Barberi. D’Amato riconosceva l’importanza non solo dei fondi delle biblioteche bensì anche dei bibliotecari, e con Barberi ebbe un ruolo di primo piano nella nascita della sezione pugliese dell’Associazione Italiana Biblioteche. Non solo: D’Amato sollecitò Gifuni a non considerare solo i fondi tradizionali e dunque i classici, ma a implementare altresì la sezione scientifica e tecnologica: si parla infatti della metà del secolo scorso, dunque la biblioteca a suo dire doveva essere speculum temporis e continuamente aggiornata.

Morgese ha proseguito instaurando un paragone tra la biblioteca di Mola di Bari e quella di Monopoli: «A Monopoli ce n’è una bellissima, curata, mentre a Mola no, quindi mi chiedo perché a distanza di pochi chilometri cambi tutto: credo che la risposta stia nel fatto che cambia sia lo spirito dei cittadini sia soprattutto la qualità degli amministratori, i quali nel secondo caso sono certamente più sensibili e attenti alla cultura». Noi aggiungiamo che fa molto di più la qualità e la dimensione di approccio agli atti da parte dei dirigenti del settore a cui, invero, la Bassanini ha conferito il potere della gestione, lasciando ai politici quello più svuotato dell'indirizzo e del controllo.

Quindi Morgese è passato a spiegare che le biblioteche hanno finora attraversato tre paradigmi. Il primo è stato quello documentale, in cui l’importanza è stata interamente attribuita ai documenti ed è esploso nel ‘900. Alla fine del secolo questo paradigma subì un’evoluzione e cominciò a basarsi sulle nuove tecnologie, pertanto si approdò ai cataloghi elettronici e alla possibilità di disporre di documenti digitali, dopodiché all’inizio dell’attuale secolo si verificò un nuovo paradigma, quello manageriale, col quale si pose l’accento sulle risorse umane che conducevano e governavano le biblioteche, che diventarono così delle vere e proprie aziende culturali che applicavano i principi del management privato al pubblico con risultati di efficacia notevole, perché il personale era professionalizzato, dunque in quella fase si dava grande importanza ai bibliotecari rispetto alle biblioteche in sé. Ora invece prevale, a dire di Morgese, un altro paradigma, quello welfaristico, cioè si sostiene che le biblioteche devono avere come principale scopo il benessere del cittadino, quindi si parla di biblioteconomia sociale: «Ad esempio, il fatto che la Regione stanzi delle somme per realizzare le biblioteche di comunità è un’applicazione pratica di questo paradigma, e abbiamo capito che esso serve ad affrontare il portato più negativo delle forme di globalizzazione». Questi paradigmi, come ha detto lo stesso Morgese in chiusura, non si succedono, ma uno si aggiunge all’altro: «Quale potrebbe essere il prossimo? Sicuramente dovrebbe rientrare nel discorso del transumanesimo, infatti sempre più le tecnologie stanno robotizzando non solo la società ma anche l’essere umano».

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