Lucera 1264-1300-2025: la profezia della luce che unisce ciò che l’uomo ha diviso.
“Quando il cielo si apre e la luce si divide, non è l’ira che parla, ma la misericordia che chiama”.
PROLOGO – IL CIELO COME PAROLA DI MISERICORDIA
Ci sono giorni in cui il cielo non si lascia soltanto ammirare, ma parla.
Non con voce d’uomo, né con tempeste, ma con la dolcezza di un segno che incendia la storia e la trasfigura.
Nel 1264, sopra Lucera, il sole si divise. Non fu un’eclissi, né un gioco d’ombre, ma un linguaggio di luce, entrato nella memoria del mondo come un richiamo divino.
Là dove fedi diverse convivevano tra tensione e speranza, Dio scrisse nel firmamento una parabola di misericordia: “La luce si divide quando l’uomo dimentica l’amore che la genera”.
Quel giorno, il cielo si fece specchio dell’anima umana. La ferita del firmamento fu segno e profezia — non di condanna, ma di conversione.
Da quel segno nacque una storia destinata ad attraversare i secoli – fino al Giubileo di Papa Francesco – in un tempo in cui l’umanità, ancora divisa, è chiamata a riscoprire il senso del perdono.
IL SEGNO DEL 1264
Accadde nell’anno del Signore 1264.
Era agosto, e la luce di Puglia ardeva come una spada nel cielo limpido.
Lucera, città dalle due anime, viveva sospesa tra Oriente e Occidente: i Saraceni rivolti verso la Mecca, i cristiani raccolti nelle loro chiese, le campane e i muezzin che si rispondevano nell’aria.
Due fedi, due lingue, un solo orizzonte.
A mezzogiorno, il sole cominciò a mutarsi. La sua perfezione si incrinò come uno specchio ferito e tre dischi di fuoco apparvero nel cielo, splendenti e terribili. Sopra ciascuno, una croce rossa – viva come una fiamma – si levò nel blu dell’aria.
Fu come se il cielo stesso si fosse aperto per svelare il suo mistero.
I Saraceni, avvezzi a scrutare i segni del firmamento, tacquero.
Compresero che quella luce non apparteneva alla terra e un tremore sacro li attraversò.
Mandarono messaggeri a Re Manfredi, nel castello di Lagopesole, chiedendo il significato del prodigio.
Il sovrano ascoltò e rimase in silenzio.
Nel suo cuore, forse, intuiva che quel segno non parlava soltanto agli uomini, ma ai regni stessi, e che il suo trono stava per piegarsi davanti a un disegno più grande.
Il popolo cristiano vide nel prodigio un riflesso della Trinità: tre soli, un’unica luce.
Ma comprese anche l’ammonimento celeste:
“Quando la luce del sole si divide, anche la fede degli uomini vacilla”.
La croce – rossa come sangue e amore – ricordava che solo il sacrificio unisce ciò che l’orgoglio divide.
Lucera, la città delle due preghiere, divenne per un istante il cuore pulsante di un messaggio eterno: non è l’uomo a scrutare il cielo, ma il cielo che scruta il cuore dell’uomo.
Il prodigio, tramandato nei codici monastici, fu interpretato come un segno di misericordia travestito da giudizio.
Dio, dividendo la luce, mostrava che la vera unità nasce soltanto dal perdono.
LA CITTÀ DELLE DUE FEDI
Dopo le violenze perpetrate in Sicilia, Federico II deportò numerosi musulmani a Lucera.
Quella popolazione, destinata a essere strumento nelle mani di poteri politici e militari, fece della città un crocevia unico di civiltà, fede e conoscenza.
Sotto gli Svevi, Lucera divenne un laboratorio di convivenza: astronomi e sapienti musulmani dialogavano con teologi cristiani, e la parola “diversità” aveva ancora il suono dell’armonia.
Ma nel 1300, tutto cambiò.
Carlo II d’Angiò, con mano implacabile, decretò la soppressione definitiva della colonia.
Un assedio spietato calò sulla città: uomini, donne e bambini furono massacrati o ridotti in schiavitù; la moschea e gli edifici simbolo della cultura islamica furono distrutti o trasformati in chiese.
Il comandante dell’operazione, Giovanni Pipino di Barletta, definì Lucera una “lurida conca” da purificare.
Con quelle parole, sancì il destino di una città che, da crocevia culturale, divenne teatro di uno dei più cruenti stermini del Medioevo italiano.
La violenza e la ferocia lasciarono una cicatrice profonda nella memoria collettiva: una ferita che, sepolta dal tempo, ancora parla di dolore e di rottura.
Per suggellare la “purificazione”, Pipino ordinò la costruzione di una chiesa dedicata a San Bartolomeo, consacrata il 24 agosto 1301. La scelta non fu casuale: il santo, apostolo martire, divenne simbolo della vittoria della fede cristiana sul passato musulmano della città.
Papa Bonifacio VIII accolse l’evento e lo interpretò in chiave spirituale. Nel 1301 promulgò la bolla Vitae Perennis Gloria, nota come “Bolla del Perdono” (Reg. Vat. 4070), concedendo un’indulgenza plenaria di un anno e quaranta giorni a chi avesse visitato la chiesa di San Bartolomeo nei giorni della sua consacrazione, del suo anniversario e nella festa del santo.
La bolla proclamava: “Giovanni Pipino ha riportato gloriosa vittoria contro l’infedeltà dei saraceni che abitavano Lucera corrompendo la regione circostante con le loro pratiche nefande. Egli ha edificato, a sue spese, la chiesa di San Bartolomeo, per la gloria di Dio e del beato apostolo, il cui aiuto ha reso possibile il trionfo”.
In quell’indulgenza si celebrava la cristianizzazione definitiva della città, ma anche – inconsapevolmente – la fine di un sogno di dialogo.
Mentre Roma proclamava il Giubileo del perdono universale, Lucera diventava il simbolo della divisione umana.
DAL GIUDIZIO ALLA MISERICORDIA
Il Giubileo del 1300, voluto da Bonifacio VIII, fu la risposta di una Chiesa che cercava di riconciliare l’umanità con la grazia dopo secoli di violenza. Milioni di pellegrini attraversarono l’Europa per raggiungere Roma – non per oro o potere, ma per la promessa della salvezza. Mentre a Roma si apriva la Porta Santa, a Lucera si chiudeva la porta del dialogo. Il cielo aveva parlato nel 1264, ma la terra non aveva ancora imparato ad ascoltare.
Eppure, Dio non abbandona la storia: trasforma le sue ferite in segni di grazia. Ciò che fu giudizio diventa invito alla conversione; ciò che fu guerra diventa appello alla pace.
IL GIUBILEO DEL PERDONO – LA LUCE RITROVATA
Oggi, nel Giubileo voluto da Papa Francesco, quella profezia di luce ritorna a risplendere. Lucera, che vide il sole dividersi, può ora comprenderne il senso profondo: non la separazione, ma la comunione universale. Il Papa invita il mondo a riscoprire la misericordia come linguaggio comune delle fedi: non il Giubileo del giudizio, ma quello del perdono.
La Croce che un tempo ardeva nei cieli di Lucera non annuncia più la conquista, ma l’abbraccio. Non la supremazia, ma la fraternità. Ogni cuore che perdona diventa un frammento di quel sole ricomposto.
MEMORIA E LUCE – LA GIUSTIZIA DEL RICORDO
La storia si rinnova, e con essa la memoria. Senza memoria non vi è identità; senza storia non vi è redenzione.
Storia e memoria – due parole sorelle – si abbracciano nel cammino della riconciliazione.
Come scrive Giovanna Costanzo: “Ogni ricordo è localizzato spazialmente nella memoria; ogni memoria riporta in sé il tempo del fatto e il luogo in cui esso è avvenuto”.
Lucera è quel luogo della memoria: la città in cui la luce si divise e in cui, oggi, la luce può rinascere. Ricordare non significa rivangare il dolore, ma riscattarlo. Ricostruire la storia e ricordare la memoria significa riconnettere le radici spezzate, dare voce ai silenzi, restituire dignità alle ombre.
Come afferma Stefano Bucciarelli: “La memoria è un atto narrante, un gesto che rende visibile ciò che resta invisibile nella polvere dei secoli”.
Da questa consapevolezza nasce un appello: Lucera potrebbe celebrare una “Festa del Perdono”, una Perdonanza delle Perdonanze, segno di riconciliazione e di pace. Un atto che riavvolga i fili della storia, trasformando la ferita in sorgente di fraternità.
Sarebbe un faro per l’intera umanità, un invito alla solidarietà, alla difesa dei diritti e alla costruzione di ponti tra le fedi.
Papa Francesco lo ha detto con chiarezza: “Il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo, e pertanto è un dovere per tutti i credenti”.
Il dovere della memoria è il dovere di rendere giustizia attraverso il ricordo.
Come scrive Maurice Halbwachs, “La memoria non si limita a custodire le tracce del passato, ma conserva il sentimento di essere obbligati verso coloro che non possono più parlare”.
Pagare questo debito significa trasformare la memoria in luce, la storia in grazia, la divisione in unità.
EPILOGO – IL GIUBILEO DELLA LUCE
Lucera resta.
Resta nei secoli come segno e monito, come ferita e splendore, come eco della voce di Dio nel cielo degli uomini.
Città trafitta e luminosa, porta nel suo cielo la parabola del mondo: la luce si spezza, ma non si spegne.
Oggi, nel Giubileo del Perdono, il tempo si riapre come una ferita che guarisce. È l’ora di ricomporre la luce, di ricordare che Dio non divide, ma ricompone; che non distrugge, ma risana; che non giudica, ma abbraccia.
Ogni volta che un uomo perdona, un frammento di quel sole torna intero. Ogni volta che una fede si apre all’altra, il cielo di Lucera risplende di nuovo.
E allora, tra il 1264, il 1300 e il 2025, la storia canta una sola, incrollabile verità:
L’uomo divide, Dio ricompone.
L’uomo giudica, Dio perdona.
E quando l’umanità saprà finalmente abbracciare il diverso come fratello, quando i popoli riconosceranno nella diversità la trama stessa dell’amore divino, allora il sole – quel sole che un tempo si divise – tornerà a essere uno solo, pieno e indiviso, segno eterno della misericordia di Dio che tutto illumina, tutto perdona, tutto unisce.
Bibliografia essenziale:
- Chronicon Suessanum ab anno MCI ad annum MCCCXLVIII, in A. A. Pelliccia (a cura di), Raccolta di varie croniche, Napoli, 1870.
- E. Egidi, La colonia saracena di Lucera e la sua distruzione, Roma, 1913.
- Minieri Riccio, C., Memorie storiche dei Saraceni in Italia, Napoli, 1875.
- Archivio Storico Diocesano di Lucera, Documenti sul culto di San Bartolomeo e sulla bolla Vitae Perennis Gloria (1301).
- G. Costanzo, Memoria, spazio e comunità: la costruzione dei luoghi della memoria religiosa, Napoli, 2015.
- S. Bucciarelli, Il racconto della memoria. Storia, testimonianza e identità collettiva, Firenze, 2017.
- M. Halbwachs, La mémoire collective, Paris, 1950.
- Papa Francesco, Evangelii Gaudium (2013); Fratelli Tutti (2020).
- Papa Francesco e Ahmad Al-Tayyib, Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, Abu Dhabi, 4 febbraio 2019.
- Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Messaggio ai musulmani per l’inizio del Ramadan, Città del Vaticano, 2019.
- Papa Francesco, Messaggio ai partecipanti al IV Congresso Internazionale della Piattaforma Universitaria di Ricerca sull’Islam (Pluriel), Abu Dhabi, 4–7 febbraio 2024.
- Bonifacio VIII, Bolla Vitae Perennis Gloria, Reg. Vat. 4070 (Archivio Segreto Vaticano).
Eduardo Gemminni
