LUCERA – Profonda valenza educativa nella proiezione del docufilm, per la regia di Luciano Toriello, "Il sangue mai lavato" e nel successivo dibattito con Daniela e Paolo Marcone, figli di Francesco Marcone, direttore dell'Ufficio del Registro di Foggia barbaramente ucciso per mano mafiosa la sera del 31 Marzo 1995.
Come il regista stesso ha affermato, il docufilm è frutto di una lunga e laboriosa ricerca per una ricostruzione attenta e meticolosa dei fatti che portarono allo spietato assassinio di Marcone e alle travagliate indagini che mai hanno visto la parola fine.
Una lezione di vita di quelle che si tengono fuori dalle aule scolastiche ma non per questo risultano meno efficaci, anzi...
Allo spettacolo serale era con me un folto gruppo di studenti del Liceo Bonghi-Rosmini e credo che le riflessioni di alcuni di loro possano suonare abbastanza eloquenti nella loro autenticità.
«Il velo segreto che nasconde la realtà della mafia è ancora troppo spesso per poter essere scoperto. Le parole ed i sentimenti trasmessi da Daniela e Paolo sono gli aspetti che più ci hanno colpite: la loro resilienza ed il loro coraggio, mantenuti saldi e costanti da trent'anni a questa parte, devono essere per tutti noi giovani un paradigma da seguire per vivere in un mondo libero dalla criminalità e soprattutto ricco di giustizia, rispetto, amore». (Francesca e Antonella III A - Classico)
«Mafia: una parola sussurrata, flebile, dalle labbra, quasi si ha paura a pronunciarla...31 Marzo 1995: si odono colpi di pistola dal piano terra di un palazzo in una zona abbastanza centrale di Foggia ed è qui, nell'androne di casa, proprio sulle scale, che viene trovato il corpo senza vita di Francesco Marcone.
La città è scossa, ma non più del dovuto: pochi giorni e ritornerà tutto come prima, come se nulla fosse accaduto. Non c'è giustizia senza verità, ormai sono trascorsi circa trent'anni dall'omicidio e il caso è stato archiviato. E allora ripenso alle parole di Daniela, che si ritrova a fare i conti con metà della sua anima, perché l'altra metà è svanita ormai insieme al suo papà...si chiede se sia valsa la pena di aver fatto sentire così tanto la sua voce, consapevole di essersi esposta lei stessa al pericolo. Io penso di sì». (Angelica II B - Scientifico)
«Le vittime di mafia non sono solo nomi incisi su una lapide o fotografie sbiadite appese a un muro. Sono vite spezzate, sogni interrotti, sorrisi che il tempo non potrà mai restituire. Quello di Francesco Marcone è un omicidio di mafia rimasto, come tanti, impunito, e che brucia ancor oggi come una ferita aperta. Guardare "Il sangue mai lavato" non significa solo conoscere una storia di cronaca locale, significa essere costretti a guardare un'Italia che spesso si preferisce dimenticare. Francesco Marcone emerge non come un eroe lontano, ma come un uomo comune che ha scelto di non piegarsi. Ed è proprio questa normalità a renderlo straordinario: la sua integrità appare come una forma di resistenza civile. Nel docufilm la figura non è idealizzata, ma umanamente restituita attraverso lo sguardo dei suoi familiari e di quanti lo hanno conosciuto, dei luoghi che ancora parlano della sua assenza. Il suo sacrificio ci insegna che la mafia non si combatte solo con le Forze dell'Ordine, ma anche e soprattutto con la coerenza quotidiana, con la scelta di essere onesti anche quando costa fatica. Marcone non aspirava al coraggio, lo esercitava semplicemente, svolgendo il suo lavoro con coscienza. E' questo che lo rende un eroe silenzioso, un esempio autentico di cittadinanza attiva e di amore per la verità». (Carla IV B - Scientifico)
La verità, appunto: don Luigi Ciotti, che più volte compare nel docufilm, afferma, e non a torto, quanto il termine "legalità" venga talora sfruttato, banalizzato, mentre in realtà è solo un mezzo per garantire la giustizia.
Verità e giustizia, dunque, per una società che si possa definire veramente civile, aspirazione di molti, auspicio per le nuove generazioni.
Un grazie sincero a Luciano Toriello, a Daniela e Paolo Marcone, a quanti hanno reso possibile la realizzazione di un evento di quelli che fanno crescere, che fanno riflettere, che lasciano sperare.
Non mancano nel docufilm, infine, spunti di delicata poesia, quale quello del ballo, tenerissimo, di Francesco Marcone con la moglie, o le immagini di lui, amorevole papà, con i suoi figli ancora bambini. Di straordinaria efficacia l'immagine conclusiva del gufo che, ad ali spiegate, offusca con un'ombra sinistra la semplice, quotidiana serenità di una famiglia come tante, di una famiglia perbene.
Ancora grazie per me stessa, per la città in cui sono nata e cresciuta, per quella in cui vivo, per i ragazzi a cui la mia vita ho dedicato.
Adelia Mazzeo
