La
Carrara di Mercadante
Dalle necropoli
protostorica della Civita al lago di Varano
Dalla sommità
del Monte Civita, ostacolati appena dalla abbagliante luce aranciata
del pomeriggio autunnale, i suggestivi, variegati quadri del
paesaggio risvegliano antiche, indefinite nostalgie!
Ad occidente è possibile distinguere il profilo di costa
frammentato, a tratti, dal riverbero delle lame di luce sugli
adiacenti specchi di acqua del mare e del lago di Varano separati
dalla sottile fascia bruna del tombolo sabbioso; ad oriente,
e più ancora a sud, la luce radente, che consente una
visione più definita delle immagini esaltandone la tridimensionalità,
evidenzia larcigna bellezza dei primi rilievi montuosi
i cui ripidi acclivi, avviluppati in parte dalla verde bicromia
dei cerri e dei carpini, hanno radici nei profondi, stretti
valloni solcati dagli storici torrenti del Romandato e del Correntino.
Il primo piano è dominato dal boscoso Monte Tribuna che,
pur avendo il toponimo proveniente, con ogni probabilità,
dal particolare disegno strutturale simile ad un maestoso anfiteatro
semicircolare, ben si colloca nellinsieme compositivo
storico-paesaggistico che caratterizza tutta la località.
Diverso e contrastante appare, invece, il Monte Civita. I segni
dellantica antropizzazione e delle successive violenze
sullambiente fisico sono, qui, assai manifesti.
Tutta la superficie, compresa la lunga propaggine del lato occidentale,
che digrada con pendenza relativamente ripida verso la località
Niuzi, conserva le ferite ormai inguaribili delle furiose
e popolari cesinazioni fatte dopo lanno 1764. Ricorda
ancora nei suoi rapporti Francesco Longano che Quivi erano
quasichè boschi immensi di querce, faggi, cerri, orni,
zappini....Oggi manca agli abitanti il legname infino per brusciare.
Il monte è completamente spoglio di vegetazione di alto
fusto. Le pendici sono state, in parte, colonizzate da macchie
arbustive di pistacia lentiscus dalla tipica forma
lenticolare e da cespugli del suo parente prossimo pistacia
terebinthus che, purtroppo, per nulla attenuano la lenta,
inesorabile azione da soil creep che trascina a valle lo scarno,
incoerente terreno rosso superficiale frammisto a detriti di
falda formatisi per i diversi ed aggressivi processi di erosione.
Sulla parte alta della collina sono ancora distinguibili i resti
dellesteso insediamento delletà del ferro
(VI-V sec. A.C.) che, con la attigua necropoli occupava tutta
la sommità del monte e gran parte del versante sud-est.
Scavate nella roccia calcarea affiorante tra le chiazze dellarido
e spoglio terreno, le tombe, dalla caratteristica struttura
a piramide tronca, richiamano aspetti culturali, temporali ed
ambientali di altre antiche necropoli protostoriche del Gargano:
Monte Saraceno, Monte Tabor, Bagni di Varano.
Per il periodo in riferimento, le testimonianze funerarie rappresentano
le uniche fonti dalle quali ricavare informazioni sulle antiche
genti che abitavano quelle località e che seguivano comportamenti
forse legati ad eredità culturali. Inquietante è,
ad esempio, lidentica sistemazione dei defunti contratti
in posizione fetale e con il viso rivolto ad oriente verso il
sorgere del sole, quasi a secondare un possibile nòstos,
un ritorno alla stessa radice etnica lasciata secoli prima sullaltra
sponda del mare Adriatico. Lanalisi comparativa dei resti
scheletrici rinvenuti nelle diverse necropoli sopra ricordate,
eseguita dal prof. Cleto Corrain nel 1959, ponendo in risalto
la straordinaria correlazione degli indici morfometrici di quegli
antichi pastori-agricoltori, conferma di fatto lipotesi
di una comune origine. (
continua)